
I libri sono reliquie. E funzionano semplicemente con l’Intelligenza Naturale…
Ad Onzo antichi libri esposti come reliquie: si comincia con una rara prima edizione dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alambert.
Biblioteca della #LocandaTribaleglobale, dal 10 al 30 agosto 2025, tutti i giorno dalle 8 alle 22.
ABSTRACT
Andare all’origine delle parole serve a capirne il senso. Reliquia, ad esempio, deriva dal latino reliquus , che significa restante, o meglio ciò che resta. Va inteso nel senso più elevato; non rimasuglio, rifiuto, ma essenza, sostanza testimoniale del meglio di ciò che è stato. Il Mito, ad esempio, può essere considerato la reliquia della storia.
Ecco perché consideriamo i libri reliquie. Un libro si tocca, si odora. Si ascolta il fruscio delle sue pagine. Un libro invecchia, ha bisogno di cure ma se serve ci puoi contare sempre. Un libro può parlare di te anche quando non ci sarai più, a differenza dei prodotti virtuali non può essere spento, reso inutile da un black out temporaneo o peggio definitivo; custodirà i nostri saperi in caso di collasso della civiltà tecnologica, perché un libro ha solo necessità di intelligenza naturale per essere attivato…

Il #progettoreliquus è nato per questo motivo, e lo presentiamo oggi con la reliquia iconica dei nostri saperi: l’Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts et des métiers, par une société de gens de lettres, curata principalmente da Denis Diderot e Jean le Rond D’alambert e pubblicata nel pieno del Secolo dei Lumi di cui di fatto è diventata l’emblema. La nostra visione del mondo nacque il quel tempo. Se vogliamo condensare in pochi concetti il meglio di ciò che siamo, certamente tra essi giganteggiano conoscenza e libero arbitrio, diffusi entrambi nel XVIII secolo grazie all’uso sempre più esteso della stampa a caratteri mobili, che rese i libri economicamente più accessibili.
Si può dire, in accordo con la dott.ssa Maria Antonietta Del Boccio Prosperi, che anche la Rete nacque in quel tempo…web, è l’acronimo di World Wide Web, la ragnatela intorno al mondo che si sviluppò nel XVIII, grazie ad un numero sempre crescente di persone libere e curiose che compresero la bellezza e la forza insite nella libera circolazione del pensiero, goderono del piacere di condividere fatti, usi e costumi propri e di altre culture, considerarono il viaggio un’esperienza fondamentale per la crescita e l’arricchimento personale. Praticare convintamente i principi Illuministi debordò dall’ambito della speculazione filosofica per permeare la concretezza della vita. Certo gli Illuministi non dichiararono la necessità di superare il regime monarchico tout court, certo il diritto di voto era stabilito per censo ed era inimmaginabile riconoscerlo alle donne, ma “avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza” aprì una breccia che fino ad oggi non è stata chiusa. E la cultura dei diritti da quella breccia dilagò nel mondo occidentale, creò i presupposti per i grandi movimenti che cambiarono il mondo.
La consapevolezza della libertà – inscindibile dalla necessità della conoscenza – fa emergere il bisogno di interconnessione, ed è di stringente attualità. Da qui l’idea di rispolverare le nostre polverose reliquie, i libri, che necessitano solo di intelligenza naturale e che garantiranno la sopravvivenza dei nostri saperi da qualsivoglia catastrofe tecnologica.

La nostra copia di DIDEROT (Denis) et D’ALEMBERT (Jean Le Rond). Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts et des métiers, par une société de gens de lettres. Lausanne, Société typographique, 1778-1780.è la prima edizione in formato “ottavo”, consta di 39 volumi , di cui 36 volumi di testo e 3 volumi di tavole. Stampata tra il 1779 e il 1782 a Losanna e Berna, ne vennero tirate circa seimila copie e costava 225 lire dell’epoca. Per avere un’idea in quel tempo con un Lira si poteva acquistare un paio di pagnotte di pane.
E’ al centro di una installazione visibile a Onzo, presso la Locanda Tribaleglobale, nel mese di agosto del 2025, ed inaugura il #progettoreliquus ( 7)
Le “ reliquie” del periodo Illuminista custodite presso la #bibliotecaTribaleglobale di Onzo sono diverse, tutte consultabili su appuntamento ( si veda l’elenco qui https://flic.kr/s/aHBqjBWnom )
Libri con la L maiuscola. Ci sono libri che segnano epoche intere, entrano nel nucleo originario dell’essere umani, e ne svelano per un lunghissimo attimo l’essenza più misteriosa e identitaria.
Ontologia e Gnoseologia. Non è un caso che le religioni Abramitiche monoteiste
(Ebraismo, Cristianesimo, Islam ) siano incardinate su un Libro. In esse il Libro sacro non è solo un insieme di testi, ma rappresenta la fonte ultima dell’autorità religiosa, la guida per la vita spirituale e morale, e il fondamento della comunità di fede. L’interpretazione e l’applicazione di questi testi sono al centro del dibattito teologico e della vita religiosa all’interno di ciascuna tradizione, e da ciò consegue un grande potere sulla vita delle persone. Evidentemente ad un certo punto della sua esistenza l’essere umano ha sentito la necessità di codificare con precisione la propria relazione con il Mistero e le grandi domande che esso pone, si potrebbe dire che al “perché” si è via via aggiunto sempre più il “come”.
Gli effetti della Rivoluzione Neolitica.Pare evidente il fatto che ciò accada con il conclamarsi della Rivoluzione Neolitica, che trasforma profondamente la relazione tra le persone e la loro esistenza. Smettere di essere cacciatori e raccoglitori in perenne movimento, fermarsi e diventare agricoltori significò inventare prima i villaggi e poi le città, e conseguentemente la proprietà privata. Non è cosa da poco, perché ragionevolmente divenne necessario giustificare il fatto che alcuni possedessero terre e beni materiali e altri no…ed ecco nascere e strutturarsi religioni ed eserciti . Non che prima non esistessero sacerdoti e guerrieri, ma la loro natura era profondamente diversa; sopratutto i primi – che definisco sacerdoti per convenzione anche se il termine è decisamente riduttivo – erano chiamati a supportare la relazione tra le persone e gli eventi misteriosi ed incontrollabili della vita: nascita, benessere, malattia, morte..e non penso sia un caso che quello fosse il tempo della centralità femminile. Si può dire che l’autorità “religiosa” (1) derivasse da una autorevolezza innata e riconosciuta, conseguenza diretta di saperi e caratteristiche personali, e, come accade ancora oggi nei luoghi dove sopravvivono esperienze sciamaniche, da una “chiamata” ( se preferite vocazione) a cui non ci si poteva sottrarre. Oggi la medicina contemporanea spiega in termini scientifici molti fenomeni un tempo considerati magici, ma non credo risolva interamente la comprensione della relazione tra pensiero logico e pensiero magico. Tornando alle religioni monoteiste ed alla centralità del Libro, appare evidente il fatto che concertare in un solo Dio venerazione e potere sia decisamente più utile a chi controlla una società apicale e fortemente gerarchizzata; c’è un capo indiscusso, ed a lui obbedisci; è più pratico che venerare una molteplicità di soggetti a cui si riconosce valore trascendente.
La nascita della scrittura per come la conosciamo. Non penso sia casuale inoltre in fatto che in quel periodo nasca la scrittura per come la conosciamo, e si inizino a codificare alfabeti sempre meno legati alle immagini, fino ad allora elementi metaforici ed evocativi . Potremmo dire linguaggi sempre meno evocativi e sempre più descrittivi. Ecco quindi la Torah, il Vecchio e il Nuovo Testamento , il Corano, anche se i testi scritti in lingua ebraica, data la peculiarità di quella lingua dovuta al fatto che ogni elemento alfabetico si presta a differenti piani di comprensione, mantengono in realtà quel valore esoterico e metaforico tipico dei linguaggi più antichi.
Il Libro come narrazione esistenziale. Resta comunque, anche nei libri usati per codificare comportamenti e stabilire regole, un formidabile ed insopprimibile elemento incontrollabile e liberatorio, dovuto al fatto che essi sono sostanzialmente potenti narrazioni. Ed ogni narrazione propone situazioni paradigmatiche, circostanze che abbiamo vissuto e che conosciamo, rappresentando inevitabilmente l’opportunità della scelta, ovvero del libero arbitrio.
Conoscere coltiva l’esistenza della complessità e conseguentemente del dubbio, e nel dubbio cresce la consapevolezza della libertà.
Metaphora traslata voce. Prendo in prestito il titolo di un bella saggio su Leibniz della dot..ssa Cristina Marras , «Metaphora translata voce» per constatare il fatto che la forma narrativa più comune sia da sempre la metafora, che consente chiarezza e libertà di espressione ben più incisive della pura affermazione non è un caso; satire feroci e radicali sul potere sono state da sempre espresse in forma di favole o poemi, da “ Guargantua e Pantagruele” di Rabelais, a “ A Tale of a Tube” di Swift fino alla Fattoria degli animali di Orwell; ci sono opere come “ Elogio della Follia” di Erasmo da Rotterdam o Utopia (2) di Tommaso Moro scritte entrambe agli albori del XVI secolo in forma di saggio satirico e romanzo, che sono veri e propri progetti politici radicalmente innovati e sovversivi dell’ordine costituito.
L’invenzione della stampa a caratteri mobili. Possiamo fissare idealmente una data che segna l’inizio della diffusione dei saperi, almeno nelle forme che conosciamo: coincide con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, e quindi è il XV secolo. Potere stampare libri a costi sempre più contenuti e con tempistiche sempre più rapide ha certamente iniziato la rivoluzione culturale liberale, e non sono bastati roghi e censure a fermarla. Per dirla con Bulgakov, “i manoscritti non bruciano”. Certo il primo best seller fu la Bibbia, ed è curioso che la Chiesa ne abbia soffocato e addirittura vietato da diffusione diretta imponendo una casta di soggetti – i preti – che fossero gli unici autorizzati ad “interpretarla”(3). Con i caratteri mobili inventati da Gutenberg si stampò presto molto altro, perché il motto latino Sapere aude, (4) – abbi il coraggio di sapere – è insopprimibile come l’aria che respiriamo.
Il secolo dei Lumi. 1/ Da Rabelais al Secolo dei Lumi il passo è – abbastanza – breve .
«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere Aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.»
(Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?, 1784).
Nel secolo dei Lumi si afferma la forza delle idee, ed è all’origine di ciò che siamo – per ora-. Idee che ad un certo punto iniziano a diffondersi, a coinvolgere sempre più persone, che inesorabilmente fanno luce sull’oscurità dei privilegi. E cadono barriere secolari se non millenarie. Prendete ad esempio il concetto di imperativo morale, che Kant definisce “imperativo categorico”; postularlo definisce un quadro etico basato sulla ragione e sull’universalità, che invita a considerare le conseguenze delle proprie azioni per tutti gli esseri razionali ed a rispettare la dignità di ogni individuo.
Nasce la cultura dei diritti. Praticare convintamente un simile principio deborda dall’ambito della speculazione filosofica per permeare la concretezza della vita. Certo gli Illuministi non dichiararono la necessità di superare il regime monarchico tout court, certo il diritto di voto era stabilito per censo ed era inimmaginabile riconoscerlo alle donne, ma avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza aprì una breccia che fino ad oggi non è stata chiusa. E la cultura dei diritti da quella breccia dilagò nel mondo occidentale, creò i presupposti per i grandi movimenti che cambiarono il mondo, primo tra tutti il Movimento Socialista e poi Comunista. Non a caso è Rousseau che solleva dopo secoli in modo radicale le implicazioni morali connesse alla proprietà privata; “Quando il primo uomo ha recintato una terra ed ha detto questo è mio, dà lì sono nate le diseguaglianze, scrive nel “ Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza” , e Locke, pur giustificando la proprietà privata attraverso attraverso la mediazione del lavoro, propone appunto sulla natura ed il valore del lavoro un pensiero innovativo che sarà sviluppato cent’anni dopo da Marx ed Engels. Dice Locke : ”Sebbene la terra e tutte le creature inferiori appartengano in comune a tutti gli uomini, ognuno ha la proprietà della propria persona, sulla quale nessuno ha diritti a eccezione di egli stesso. Di conseguenza si può affermare che il lavoro del suo corpo e l’opera delle sue mani siano sue esclusive proprietà. Mescolando dunque, il suo lavoro a tutte quelle cose, che ha rimosso dallo stato in cui la natura e le aveva disposte e lasciate, e ha infuso in esse qualcosa di suo, le ha rese di sua proprietà. Ognuno dunque può appropriarsi con il lavoro di quanto possa essere utile al suo sostentamento, e tutto ciò che eccede da questa misura è più di quello che gli spetta, appartiene agli altri”. “ Marx sviluppa la riflessione, concatenando produzione e lavoro nella dimensione della libertà dal bisogno : “Quel che contraddistingue il comunismo non è l’abolizione delle proprietà in generale, bensì l’abolizione della proprietà borghese. Ma la proprietà borghese moderna è l’ultima e più perfetta espressione della produzione e dell’appropriazione dei prodotti che poggia su antagonismi di classe, sullo sfruttamento degli uni da parte degli altri.. Certamente anche l’animale produce. Si fabbrica un nido, delle abitazioni, come fanno le api, i castori, le formiche, ecc. Solo che l’animale produce unicamente ciò che gli occorre immediatamente per sé o per i suoi nati; produce in modo unilaterale, mentre l’uomo produce in modo universale; produce solo sotto l’imperio del bisogno fisico immediato, mentre l’uomo produce anche libero dal bisogno fisico, e produce veramente soltanto quando è libero da esso; l’animale riproduce soltanto se stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura; il prodotto dell’animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l’uomo si pone liberamente di fronte al suo prodotto. L’animale costruisce soltanto secondo la natura e il bisogno della specie a cui appartiene, mentre l’uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa ovunque predisporre la misura inerente a quel determinato oggetto; quindi l’uomo costruisce anche secondo le leggi della bellezza” ( Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 2004, p. 75.)
Il secolo dei Lumi. 2/ Nel diciottesimo secolo non sono solo gli Illuministi a portare definitivo scompiglio nel rarefatto mondo del tempo, ed è difficile porre in antitesi movimenti certamente diversi ma ragionevolmente intrecciati, quantomeno dalle relazioni tra i protagonisti. Non va dimenticato che quelli che oggi chiameremmo intellettuali (6) provenivano dagli stessi ambienti e frequentavano spesso gli stessi salotti.. Lo Sturm und Drang ( letteralmente tempesta e impeto ) , ad esempio, “ non è affatto la negazione dell’Illuminismo, tanto meno nasce quale movimento anti-illuminista. Esso dovrebbe essere considerato più come il naturale prosieguo dell’Illuminismo. La generazione tedesca dello Sturm und Drang non scorgeva nulla di irrazionale nel lasciare che il “genio” sviluppasse da sé le sue capacità intellettuali: al contrario, irrazionale per gli Stürmer und Dränger era la fredda e accademica imposizione di norme e regole che, attraverso una disincantata profondità storica, venivano collocate in un passato troppo remoto e dunque viste come inattuali e inutili.( fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Sturm_und_Drang “
L’encyclopedie, il Libro. Se esiste un Libro che incardina l’epoca dei Lumi questo è l’Encyclopedie di Diderot e D’Alambert, e lo è per molti motivi.
Lo stesso incipit del progetto letterario parla chiaro: “ Il prospetto annunciò un’opera di concezione così nuova che il suo stesso titolo risultò oscuro e si dovette spiegarlo con dotti riferimenti alla sua radice greca: ‘La parola «Encyclopedia» significa concatenamento delle scienze’. E al fine di dare una precisa idea visiva della connessione tra i vari rami dello scibile, l’autore accluse al prospetto un’ammiratissimo albero delle conoscenze umane. Il concatenamento reso visibile in questo ‘albero genealogico di tutte le scienze e di tutte le arti’ era stato dichiaratamente modellato su uno schema dello stesso genere concepito da Bacone. Questo piano sarebbe stato messo costantemente in evidenza nel corso dell’opera tramite l’uso di rimandi. […] L’opera annunciata dal prospetto doveva essere il risultato della collaborazione di una schiera di letterati famosi, di esperti e di specialisti; sarebbe stata composta da dieci volumi in folio, di cui due dedicati alle incisioni. […]” Così Arthur M. Wilson, uno fra i più importanti biografi di Denis Diderot, racconta della pubblicazione del Prospectus per la presentazione al pubblico della nuova Encyclopédie.
Lo stesso Diderot pone l’accetto su alcuni aspetti profondamente innovativi fin dalle citazioni iniziali, destinate a far comprendere la natura del progetto; l’idea di un “concatenamento delle scienze” ( oggi lo chiameremmo interdisciplinarietà ) è radicata nella sapienza antica : la frase di Orazio riportata sul frontespizio “tantum serie iuncturaque pollet, tantum de medio sumptis accedit honoris” ( Orazio Flacco, Quinto – Ars poetica: vv. 242-243) al di là della complessa traduzione letterale significa “tanto è il potere dei nessi, dei passaggi, tanto essi sanno trasfigurare il quotidiano”; torna sistematicamente la consapevolezza di dover “far partorire gli anime -obstetrix animorum-; la centralità nelle immagini (5) è dichiarata fin dal principio, al punto che le oltre 2500 tavole risulteranno avere nel lavoro finale un peso ben superiore a quello di semplici illustrazioni : “ In un’officina è l’attimo che parla, non l’artigiano….Ma la scarsa abitudine a scrivere e a leggere testi sulle arti rende difficile spiegare in modo comprensibile. Ecco allora la necessità delle figure.
Si potrebbe dimostrare con mille esempi come un vocabolario puro e semplice, per quanto ben redatto, non possa fare a meno di illustrazioni senza cadere in definizioni oscure e vaghe. Quanto dunque, e a maggior ragione, questo ausilio era per noi necessario? Uno sguardo veloce su un oggetto o sulla sua rappresentazione spiega più di una pagine di parole.” ( Diderot, da https://www.academia.edu/14598046/Prospectus_dellEncyclopédie_o_Dizionario_Ragionato_delle_Scienze_delle_Arti_e_dei_Mestieri , a cui si rimanda per una approfondita introduzione all’Encyclopedie).
Possiamo dire che l’obiettivo degli enciclopedisti di «sommuovere tutto, senza eccezioni e senza riguardi», per citare la celebre frase attribuita a Montesquieu, venne raggiunto ancora prima della sua pubblicazione.
“ Certamente l’Encyclopédie , ou Dictionnaire raisonné des sciences, des artset des métiers, par une société de gens de lettres costituisce, per impostazione e collocazione storica, La prima grande iniziativa culturale moderna. Nata dall’idea di una traduzione corretta e ampliata della Cyclopaedia di Chambers, l’impresa mutò di segno quando l’editore ne affidò la direzione a Diderot e,«quanto alla parte matematica», a d’Alembert. Attorno al nuovo progetto furono chiamati a raccolta, come sottolineò Diderot, talenti appartenenti a «tutte le branche dello scibile umano», al fine di costituire «una società di scrittori e di artisti, intenti ciascuno al suo settore, e legati soltanto dall’interesse generale del genere umano e da un sentimento di reciproca benevolenza». A lavoro concluso i collaboratori furono oltre 160, tra i quali emergono, oltre a quelli dei due direttori, i nomi più rappresentativi della cultura francese dell’epoca: Montesquieu, Voltaire e Rousseau, Buffon, d’Holbach, Quesnay, Turgot, oltre ai tanti relativamente poco conosciuti, ma spesso di grande importanza per la realizzazione del progetto, primo fra tutti L. de Jaucourt, che diventò il principale redattore a fianco di Diderot dopo il disimpegno dei più noti collaboratori. Nel novembre 1750 uscì il Prospectus dell’enciclopedia, con i criteri redazionali, le condizioni di sottoscrizione e il programma di pubblicazione, che contemplava l’uscita di 8 voll. di testo e 2 di tavole. Pochi mesi dopo usciva il 1° vol., dove figura il Discours préliminaire , il manifesto programmatico in cui d’Alembert esponeva l’organizzazione della materia enciclopedica sulla base della genealogia delle conoscenze e della connessione delle scienze ispirata al baconiano «Arbor scientiarum», e dove l’elogio del progresso dei lumi si inseriva nel quadro di un innovativo rapporto tra intellettuali, società e politica; con intenti non diversi si esprimeva Diderot annunciando essere scopo dell’Encyclopédie quello di «cambiare il modo comune di pensare». La prima crisi, presto superata, si verificò già all’uscita del 2° vol. sotto l’attacco della Chiesa, del partito devoto alla Corte, di gesuiti e giansenisti. La situazione precipitò qualche anno dopo in seguito alle dure polemiche suscitate dalla pubblicazione, nel 7° vol., della voce Genève e dalla sua tendenziosa interpretazione del calvinismo ginevrino.Voltaire, presto seguito da molti altri, interruppe definitivamente la sua collaborazione; d’Alembert lasciò la direzione, riservandosi di redigere solo voci scientifiche; Rousseau, autore per l’Encyclopédie delle voci di soggetto musicale e della famosa Économie politique , aprì un aspro conflitto, sia teorico sia personale, con gli esponenti principali del ‘partito’ degli enciclopedisti, nell’ambito del quale si era sempre caratterizzato nella figura del dissidente interno. Nel gennaio 1759 il parlamento di Parigi condannò l’Encyclopédie e fu revocata l’autorizzazione alla pubblicazione; nel settembre dello stesso anno seguì il «breve» di condanna di papa Clemente XIII. Rimasto solo nella direzione dell’opera e assistito da pochi collaboratori, Diderot riprese segretamente il lavoro, riuscendo faticosamente a portarlo a termine. Nel 1765-66 furono distribuiti gli ultimi 10 voll. di testo, stampati in Francia con la falsa indicazione Neuchâtel, cui seguirono, fra il 1762 al 1772, 11 voll. di tavole. In tutto 28 voll., fra testo e tavole, per un complesso di settantaduemila voci, alcune firmate, altre siglate, altre anonime, e duemilacinquecento tavole, costituiscono il corpus dell’Encyclopédie (7 voll. di Supplément furono pubblicati dal 1776 al 1780, successivamente, presso editori diversi e senza la partecipazione di Diderot). “ ( https://www.certifico.com/ambiente/274-consulting/news/17383-l-encyclopedie-di-diderot-e-d-alembert ).
Come si vede da questa puntale ricostruzione, la storia travagliata dell’Encyclopedie ne testimonia in qualche modo il valore di Libro reliquiale per chi sente le sue radici nel tempo in cui nacque il sistema di valori che comunemente definiamo “occidentale”; quel Libro ha avuto i suoi Profeti, i suoi Martiri, i suoi traditori ed i suoi carnefici…
Sono lieto di poterne ospitare, grazie ad un collezionista privato, una copia nella Biblioteca Tribaleglobale.
Giuliano Arnaldi, Onzo 10 agosto 2025
- L’etimo della parola “religioso” deriva dal latino “religiosus”, che a sua volta deriva da “religio” e “religare”. Il termine “religio” ha diverse possibili etimologie, ma una delle più accettate lo lega al verbo “religare”, che significa “legare” o “tenere insieme”. Questo legame può essere interpretato come il vincolo che lega l’individuo alla divinità, ai suoi doveri e ai suoi precetti, o anche come il legame che unisce i membri di una comunità religiosa.
- Utopia”, può essere intesa come la latinizzazione dal greco sia di Εὐτοπεία (parola composta dal prefisso greco εὐ-, ‘bene’, e τóπος, tópos, ‘luogo’, seguito dal suffisso -είᾱ, quindi ottimo luogo) sia di Οὐτοπεία (se si considera la U iniziale come la contrazione del greco οὔ, ‘non’, con il significato di non luogo, luogo inesistente o immaginario).
- Nel 1559, in pieno Concilio di Trento, papa Paolo IV istituì l’Indice, un elenco di libri proibiti, tra cui molte traduzioni della Bibbia in volgare. Queste traduzioni, spesso pubblicate nel mondo germanico o in italiano, venivano considerate non autorizzate e la loro lettura era permessa solo con licenza del Sant’Uffizio, e solo a persone che conoscevano il latino.
- )L’espressione latina “Sapere aude” compare per la prima volta nelle Epistole di Orazio (20 a.C.), in particolare nell’Epistola II del Libro I, verso 40: “Dimidium facti, qui coepit, habet; sapere aude, incipe” (“Chi ha cominciato è a metà dell’opera; osa essere saggio, comincia”). In Orazio il significato era più vicino a “osa essere saggio” per raggiungere l’equilibrio interiore, mentre Kant ne modificherà in parte il senso.
- La consapevolezza della centralità di un linguaggio fondato sulle immagini è di grande attualità. Conoscere sempre più il funzionamento del nostro cervello grazie al progresso delle neuro scienze, ci consente di affermare che #pensiamoimmagini , e in generale di avere consapevolezza dell’importanza sempre maggiore delle immagini nella comunicazione contemporanea.
- filosofo è un termine di origine greca che significa “amico della sapienza”, nella visione settecentesca appare dissociato dalla concezione classicista in quanto capace di abbracciare diversi campi del sapere, ampliando il termine da una valenza tipicamente filosofica ad una visione universale (un secolo più tardi si sarebbero chiamati «intellettuali»).
- #progettoreliquus è un progetto organizzato su più livelli. Nasce dalla consapevolezza del fatto che il libro ha da sempre un formidabile valore simbolico, anche come semplice oggetto; il modo in cui è rilegato, la carta usata, la scelta della copertina e della dimensione non lo rendono solo testimone parlante di ciò che contiene, ma della natura di chi lo ha scelto, letto e conservato. Nel concreto #progettoeliquus funziona così: 1) individuiamo un argomento e/o un titolo che consideriamo particolarmente significativo; 2) Di quel titolo cerchiamo di procuracene più edizioni; una significativa, raramente la prima edizione ( quasi sempre troppo cara per le nostre finanze…), ma certamente una edizione che sia almeno “vissuta” , che sia stata nelle mani di chi visse l’epoca a cui il testo si riferisce; consideriamo cioè il libro una reliquia ( reliquus, letteralmente ciò che resta ) e come tale lo conserviamo a futura memoria; una edizione contemporanea considerata di qualità ( per la traduzione nel caso di un testo straniero, per la prefazione o per altro) ; una edizione digitale, obiettivamente più performante dal punto di vista della consultazione ; 3) Condividiamo il progetto sia mettendo a disposizione per la consultazione gratuita i titoli raccolti per il progetto, sia organizzando eventi specifici sugli argomenti trattati, sia esponendo in modo adeguato e suggestivo le copie più antiche o significative, al fine di valorizzarne la dimensione “reliquiale”