FANTASMI! / GHOST

LE MASCHERE EPKO DEL POPOLO IBIBIO ( NIGERIA)

Le maschere Epko presenti nella Collezione Permanente Tribaleglobale

Ekpo ( letteralmente fantasma) è il nome usato per definire gli esseri umani che non vivono più la vita terrena, e la loro anima. Si tratta in sostanza degli Antenati, che continuano ad esercitare influenza nel mondo dei vivi e che vanno quindi placati e trasformati in alleati per affrontare e risolvere i problemi delle persone e delle comunità. Ciò avviene per il tramite delle danze rituali,  gestite dalle omonime Società Segrete.  Nel caso degli Ibibio – che vivono nel Sud Est della Nigeria – la ritualità Ekpo è certamente incardinata su alcuni dei  concetti etici fondamentali per quel popolo. Le maschere nere sono grottesche, brutte e deformi, ed evocano persone  morte in modo socialmente indesiderabile: assassini e suicidi, persone che hanno rubato oggetti sacrificali, persone giustiziate per un crimine, e le persone che sono morte senza parenti,  fatto considerato una colpa. E’ utile riflettere su quest’ultimo  aspetto, indicatore dell’importanza che viene data non solo alla procreazione, ma alla disponibilità alle relazioni sociali. Sono spiriti “asociali”  condannati a vagare, per sempre senza alcun riparo, nella notte. I loro costumi di rafia sono tinti di nero, portano armi, danzano in maniera irregolare e aggressiva e causano una grande quantità di distruzione (Messenger, 1973). Sono le  idiok ekpo (anime malvagie). La parola idiok significa brutto, a significare un’equazione  tra etica ed estetica (Memel-fote, 1968, pp. 70-75). Le anime buone (mfon ekpo), sono quelle delle persone che sono morte in modalità  socialmente accettabili, tornando quindi di diritto ad  abitare nel villaggio delle anime. Sono invece rappresentate da maschere caratterizzate da tratti sereni, delicati e gradevoli alla vista . Le anime buone sono libere di andare in giro di giorno e quindi sono spesso rappresentate da maschere di colore chiaro. Gli spiriti Mfon portano panni colorati e indossano costumi di fibre di rafia leggere e non tinte. Il loro aspetto è grazioso e benefico (idem pag. 53 )

Due delle tre maschere presenti nella Collezione permanente Tribaleglobale provengono da Ursula Heijs-Voorhuis ( 1932/2021) . Prima gallerista donna dei Paese Bassi nell’ambito delle Arti Primarie, tra le prime ( e poche ) donne a studiare sociologia negli anni ’50 presso l’ Università di Nijmegen, fece esperienza lavorando presso l’Africa Museum di Berg en Dal (aperto nel 1954), che a quel tempo era ancora gestito dai missionari della Congregazione dello Spirito Santo. Dai Missionari apprese anche preziose informazioni sulla vita quotidiana e la visione del mondo dei popoli africani, formandosi quindi con un respiro più ampio rispetto alla semplice osservazione delle opere d’arte espresse da quei popoli.

Il contatto con studiosi quali Hans A. Witte  e William Fagg, noto  esperto della cultura Yoruba, docente di religioni e iconografia dell’Africa occidentale all’Università di Groningen, esploratore e curatore dell’Africa Museum di Berg en Dal, la portò a specializzarsi sulle culture Nigeriane. “Imparare per tutta la vita”  fu  il suo mantra, ascoltando e “facendo molte, tantissime domande”

Idok Epko, prov. Ursula Heijs-Voorhuis, Zemanek

Ekpo (literally ghost) is the name used to define human beings who no longer live earthly life, and their soul. In essence, these are the Ancestors, who continue to exert influence in the world of the living and who must therefore be appeased and transformed into allies to face and solve the problems of people and communities. This happens through the ritual dances, managed by the homonymous secret societies. In the case of the Ibibio – who live in the South East of Nigeria – the Ekpo ritual is certainly hinged on some of the fundamental ethical concepts for that people. The black masks are grotesque, ugly, and misshapen, and evoke people who died in a socially undesirable way: murderers and suicides, people who stole sacrificial objects, people executed for a crime, and people who died without relatives, which is considered a fault. It is useful to reflect on this last aspect, an indicator of the importance that is given not only to procreation, but to the availability of social relationships. They are “asocial” spirits condemned to wander, forever without any shelter, in the night. Their bast costumes are dyed black, they carry weapons, they dance erratically and aggressively, and they cause a great deal of destruction (Messenger, 1973). They are the idiok ekpo (evil souls). The word idiok means ugly, signifying an equation between ethics and aesthetics (Memel-fote, 1968, pp. 70-75). The good souls (mfon ekpo), are those of the people who died in a socially acceptable way, thus returning by right to live in the village of souls. Instead they are represented by masks characterized by serene, delicate and pleasing to the eye features. Good souls are free to roam about during the day and are therefore often represented by light colored masks. The Mfon spirits wear colorful cloths and wear costumes of light, undyed raffia fibers. Their appearance is graceful and beneficial (idem page 53)

Two of the three masks in the Tribaleglobale permanent collection come from Ursula Heijs-Voorhuis (1932/2021) . First female gallery owner in the Netherlands in the field of Primary Arts, among the first (and few) women to study sociology in the 1950s at the University of Nijmegen, she gained experience working at the Africa Museum in Berg en Dal (opened in 1954), which at that time was still managed by the missionaries of the Congregation of the Holy Spirit. From the Missionaries she also learned valuable information on the daily life and vision of the world of the African peoples, thus forming herself with a broader scope than the simple observation of the works of art expressed by those peoples.

Contact with scholars such as Hans A. Witte and William Fagg, well-known expert on Yoruba culture, professor of West African religions and iconography at the University of Groningen, explorer and curator of the Africa Museum in Berg en Dal, led her to specialize in Nigerian cultures. “Learning for life” was her mantra, listening and “asking many, many questions”.

Mfon Epko, Prov. . Ursula Heijs-Voorhuis
https://www.tribalart.de/en/news-and-events/news-detail/the-heijs-voorhuis-collection/

Fonte : Wittmer, Marcilene K. & William Arnett, Three Rivers of Nigeria, Atlanta 1978, p. 73

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